San Giuseppe Vesuviano - Un Universo in movimento. Così è nata la definizione dopo la scoperta, sensazionale a detta degli studiosi, delle “onde gravitazionali”. Uno dei maggiori esperti, il professore Massimo Della Valle, direttore dell’Osservatorio di Capodimonte ne ha parlato a San Giuseppe Vesuviano. Nell’aula consiliare c’erano gli alunni del Primo Circolo Didattico e sulle pareti le opere del maestro Luigi Franzese.
I quadri non erano certo lì solo a fare da sfondo all’evento. Questa è stata la mia personale sensazione. Eppure esimi colleghi, giunti per fare la cronaca dell’evento, hanno stranamente omesso di citarne la presenza. Non si poteva, al contrario, rimanere non affascinati dai colori, dal calore e dalla intensa fatica emanata dalla pittura di Franzese.
Il professore Della Valle ha spiegato in modo lineare a semplice, per me profondamente ignorante di Astrofisica, queste osannate onde gravitazionali. Ha dissertato su “novae”, “super novae” e “buchi neri” in modo appassionato e da profondo conoscitore della materia. Ha spiegato come lui ed i suoi colleghi siano arrivati ad elaborare teorie su teorie prima di giungere all’agognata meta, che li ha condotti alla scoperta delle “onde” più importanti in questo momento.
In me, in quel luogo è avvenuta una cosa strana. Sono stato preso da un fenomeno inusuale. Non so se anche altri hanno provato le stesse sensazioni. Ho ascoltato con attenzione Della Valle ma, come ogni buon profano della materia, ho avuto difficoltà a immaginarmi come fossero queste “gravitazionali”. Sciocca presunzione, la mia, di chi vorrebbe ridurre tutto al concreto, al reale, al visibile.
Alloro ho socchiuso per un attimo gli occhi e davanti a me hanno cominciato a sfilare i fotogrammi delle opere di Franzese. Mi sono perso in quei caldi colori, l’arancione, il giallo, il rosso che sovente ricorrono in molte delle opere del pittore vesuviano. Degli stessi colori che immaginiamo possano essere fatti i miliardi di pianeti e la materia tutta che compone lo sconfinato Universo.
Se la “aom” rappresenta il suono primordiale del big-bang, i colori delle opere di Luigi Franzese mi riportano alla sensazione di come immagino l’espansione della materia, gli attimi immediatamente successivi all’esplosione e gli atomi che si allontanano. La sensazione è la stessa di una mano candida che si poggi sulla pietra vulcanica infuocata dal calore della controra nei pomeriggi assolati dell’estate vesuviana.
Luigi Franzese è uno schivo. In passato ho scritto che non è un bravo imbonitore, ne un pittore su commissione. Sa essere tanto intollerante, insofferente nei rapporti personali, quanto amorevole, affettuoso, caloroso nel suo lavoro. Mi chiedo allora: perchè le opere di questo artista non smettono mai di sorprenderci e continuano ad avere un legame indissolubile con le manifestazioni della nostra vita?