Area Vesuviana - Il fenomeno del bullismo oramai in crescita è una piaga a cui si deve dare la dovuta attenzione.  Si connota come una forma di violenza da parte di una persona che compie delle azioni nei confronti di persone più deboli. L’aggressività nel bambino e nella adolescenza è, infatti, una componente istintuale che, entro certi limiti, è funzionale alla crescita fin dalla primissima infanzia ma che bisogna comunque imparare a gestire grazie alla giusta mediazione effettuata da parte delle figure genitoriali deputate all’insegnamento e alla trasmissione dei valori morali e sociali.

Quando ciò non avviene aumenta il rischio di rimaner incastrati in un meccanismo pericoloso che dove si utilizza l’aggressività come massima espressione della propria identità. Inoltre non bisogna trascurare che anche la struttura ambientale gioca un ruolo importante, può, infatti, favorire un’ aggressività reattiva a pressioni e delusioni subite.

Si parla di bullismo quando un ragazzino è oggetto di azioni prepotenti, dispotiche o violente , ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di un soggetto o di un gruppo di coentanei per sentirsi migliori rispetto agli altri.

Proviamo a fare un identikit del bullo. Spesso proviene da famiglie che hanno un modo di comunicare improntato sulla violenza. L’ambiente in cui si trova quotidianamente a vivere, infatti, conferma la prevaricazione come modalità di vita. Caratteristiche del bullo: mancanza di empatia (incapacità ad “entrare nei panni dell’altro”) e assenza di senso di colpa per ciò che fa ad altri compagni. La vittima del bullismo può essere il bambino più piccolo, più debole, spesso portatore di handicap o extracomunitario, straniero più debole nelle gare sportive. L’aiuto, il sostegno va dato non solo alla vittima, ma anche al bullo: il primo a reagire agli insulti, alle umiliazioni, alle violenze, denunciandole; il secondo a percepire la gravità delle sue azioni. Campanelli di allarme: quando un ragazzo si rifiuta di andare a scuola, (magari inscenando malesseri vari), o si rifiuta di partecipare ad attività specifiche, o nei casi limite anche graffi e lividi. Molto spesso, poi, le vittime dicono che non hanno nessun amico o rifiutano di parlare di ciò che succede a scuola.

Interventi possibili sono quelli che favoriscono l’empatia, e giochi di immedesimazione nell’altro o simili, sia per i bulli che per le vittime. Se non si dà un giusto aiuto alle vittime della violenza dei bulli, si incide negativamente sulla loro sicurezza ed autostima.

Il discorso importante della tutela del bambino è che noi dobbiamo inserire nella coscienza dei ragazzi che il bullismo non è giusto. Il compito dei familiari è quello di riuscire ad accompagnare il bambino nell’affrontare i suoi problemi. Ad esempio si potrebbe aiutarlo a verbalizzare ciò che ha vissuto rassicurandolo sulle conseguenze. Alcune scuole si sono attivate mettendo una cassetta della posta per eventuali denunce.

Per concludere è molto importante individuare quali sono le risorse dei singoli bambini-vittima, valorizzando le loro capacità e risorse, perché il fattore più negativo di questo fenomeno è soprattutto il danno all’autostima. Bisogna perciò lavorare per costruire la fiducia del vostro bambino nelle cose che sa fare bene.

                                                                             Dott.ssa Pina SEPE

                                                                                     Psicologa